Le nuove frontiere dei videogiochi

Articolo pubblicato su Artribune Magazine n. 38/2017

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La nuova legge sul cinema e l’audiovisivo (Legge 14 novembre 2016, n. 220, applicabile a decorrere dal 1° gennaio 2017) detta i principi fondamentali dell’intervento pubblico a sostegno di questo settore, al fine di promuoverne la crescita.

Tra le novità da segnalare c’è l’espresso inserimento delle opere audiovisive di contenuto videoludico tra le opere ammesse ai benefici di legge. In particolare, per opera audiovisiva si intende “la registrazione di immagini in movimento, anche non accompagnate da suoni, realizzata su qualsiasi supporto e mediante qualsiasi tecnica, anche di animazione, con contenuto narrativo, documentaristico o videoludico, purché opera dell’ingegno e tutelata dalla normativa vigente in materia di diritto d’autore e destinata al pubblico dal titolare dei diritti di utilizzazione”.

Con questa legge, il videogioco è considerato a tutti gli effetti un prodotto culturale artistico, tutelabile dal diritto d’autore, a condizione che l’opera videoludica sia dotata del necessario requisito della creatività. Anche il videogioco, dunque, può rientrare tra le opere dell’ingegno astrattamente tutelabili del diritto d’autore, al pari delle altre opere appartenenti ai campi artistici più tradizionali, quali la letteratura, la musica, le arti figurative, l’architettura, il teatro e la cinematografia. Del resto, già nel lontano 1988 il Tribunale di Milano aveva considerato il videogioco come opera appartenente alla cinematografia, riconoscendo l’importanza della componente audiovisiva dei videogiochi e il ruolo attivo del fruitore-giocatore nello sviluppo della narrazione dell’opera.

Con l’espresso inserimento dei videogiochi tra le opere audiovisive ammesse ai benefici della legge si aprono nuove strade per l’ulteriore crescita di questo segmento di mercato, che presenta interessanti possibilità di interazione con altri ambiti e per finalità non strettamente ludiche. Si pensi, ad esempio, alla possibile interazione tra il settore dei videogiochi e quello dei beni culturali. Si veda l’esempio di Father and Son, promosso dal Museo Archeologico Nazionale di Napoli, e le app ad argomento artistico segnalate su ogni numero di Artribune Magazine nella rubrica Approposito.

In questa direzione si veda anche il protocollo d’intesa siglato nel 2016 tra l’AESVI – Associazione Editori Sviluppatori Videogiochi Italiani e l’Associazione Italian Film Commissions, volto – fra le altre cose – a valorizzare il patrimonio storico, artistico, paesaggistico e turistico italiano attraverso il sostegno alla creazione e produzione di videogiochi e applicazioni interattive. Il primo progetto nato da questa collaborazione è l’IVIPRO – Italian Videogame Program, volto a far conoscere il patrimonio storico, architettonico e urbanistico italiano tramite la realizzazione di videogiochi ambientati in Italia o legati alla cultura italiana.

Le potenzialità dei videogiochi come innovativo mezzo di comunicazione per la valorizzazione del patrimonio culturale emergono abbastanza chiaramente se si considera, ad esempio, che nel 2015 i videogiocatori italiani sono stati circa il 49% della popolazione e che l’Italia è uno dei principali mercati a livello europeo (fonte: GfK per AESVI).

A questo punto – tornando alla legge sull’audiovisivo – non resta che attendere l’adozione dei decreti ministeriali attuativi, che definiranno con maggior precisione la molteplici modifiche e innovazioni in questo settore.

Raffaella Pellegrino